28 Agosto 2019 Milano – Il Team De Rosa Santini è indissolubilmente legato all’Italia, rappresentando con orgoglio due marchi storici dello sport e soprattutto del ciclismo tricolore. Ciò non toglie che non sia trascurabile il numero di atleti stranieri che ne fanno parte. Tra loro Filip Speybrouck, belga di Bruges, che oltre a ottenere ottimi risultati nelle granfondo di montagna è uno specialista del cronometro, tanto che il 6 ottobre 2015 ha stabilito il record dell’ora su pista della fascia d’età 35-39, percorrendo sulla pista di Manchester, 48,743 km.
Ciao Filip, aiutaci a conoscerti meglio. Dove sei nato? Dove vivi? Che lavoro fai?
Ciao a tutti, sono nato a Roeselare, una città nel cuore delle Fiandre Occidentali, non lontano dal Kemmelberg, il muro in pavè più famoso della classica Gand-Wevelgem. Ora vivo a Bruges, storica città belga molto nota, nella quale per quasi vent’anni consecutivi (dal 1998 al 2016 ndr) ha preso il via la classica Giro delle Fiandre.
Ho studiato Sport and Exercise Science e Physical Therapy. Lavoro in parte come fisiologo presso il Dipartimento di Cardiologia dell’AZDelta Hospital, dove effettuiamo tra l’altro lo screening cardiaco degli atleti. L’altra parte del mio lavoro è seguire atleti di endurance e gli amatori, facendo loro test, dando loro consigli e preparando piani di allenamento. Recentemente ho aperto il mio testing center, denominato “De Sportkamer”.
Sei sposato? Hai figli?
Si, sono sposato da 11 anni, mia moglie si chiama Femke Delporte. Abbiamo tre figli: Gloria, Giulia e Cassio.
Quando e come è nata la tua passione per la bici? Cosa rappresenta per te il ciclismo?
Nella mia infanzia ho praticato quasi tutti gli sport. Il calcio però era lo sport che più mi appassionava. Ho giocato nel ruolo di portieri per 13 anni. Ho iniziato a praticare sport di endurance durante l’università, facendo triathlon. Dopo due anni ebbi un incidente al ginocchio, a causa della corsa a piedi, e dovetti subire un intervento chirurgico. Durante la riabilitazione, introdussero il drafting nel triathlon, andandomi così a penalizzare, visto che il ciclismo era la disciplina del triathlon in cui mi esprimevo meglio. Così decisi di dedicarmi totalmente al ciclismo. Sto parlando dell’anno 1999-2000. Cominciai con le cicloturistiche e quindi con le granfondo in Francia (loro le chiamano ciclosportive). Per due anni ho corso nel team francese Cyfac. Ho disputato parecchie volte la Marmotte, la 3 Ballons, l’Etape du Tour. Nel 2003 la mia prima Fausto Coppi, quando mi innamorai dell’atmosfera delle granfondo italiane.
Il ciclismo per me è un modo di vivere. La passione per il mio sport e il mio lavoro poi si alimentano vicendevolmente.
Sono tantissimi anni che pedali su bici De Rosa, ben prima che nascesse il Team De Rosa Santini. Come hai conosciuto questo storico marchio di bici e cosa ti continua a legare alle bici del cuore?
Sono entrato in contatto con le biciclette De Rosa al salone della bicicletta di Bruxelles nel 2000, quando ero presente per tenere delle demo degli indoor trainer della Tacx. E’ stato Wim Dubois della ICC che mi ha fatto conoscere il marchio. La mia prima De Rosa è stata un Merak, il modello sul quale Romans Vainsteins divenne campione del mondo a Plouay nel 2000. Da allora ho ancora utilizzato la bici di un altro marchio (fu una MBK), ma sono rapidamente tornato alle De Rosa. I telai sono meravigliosi, veri prodotti dell’artigianato italiano e il legame della famiglia De Rosa con Eddy Merckx mi rende estremamente legato al loro marchio.
Quale delle due discipline che pratichi, granfondismo e crono, ti appassiona maggiormente?
In questo momento le corse a cronometro, perché a mio avviso sono la disciplina ciclistica più veritiera.
Apparentemente queste due specialità richiedono caratteristiche differenti, soprattutto perché tu partecipi alle granfondo dove c’è tanta salita (Oetztaler, Sportful Dolomiti Race, Fausto Coppi, GF Stelvio Santini). Come fai ad allenarti per essere competitivo in entrambe e soprattutto come fai ad allenare la salita in Belgio, dove non esistono salite lunghe?
Ho iniziato con le gare a cronometro solamente nel 2013. Ho sempre pensato che fossero adatte a me, perché sono sempre stato in grado di fare le salite lunghe a passo costante ad un buon livello di potenza, rapportati ai miei 71-72 kg (non sono così leggero), e perché ho un’ottima flessibilità lombare. Ho iniziato con una vecchia De Rosa Formula di seconda mano e da quel momento mi sono appassionato sempre di più, anche sugli aspetti aerodinamici, che sono fondamentali in una prova a cronometro. Combinare le due discipline non è facile, se si ha poco tempo a disposizione. Sicuramente fare distanza e dislivello migliora la condizione atletica, ma se l’obiettivo è essere competitivi nelle gare a cronometro durante la stagione agonistica, occorre essere freschi. Questo significa non avere sufficiente “fondo” per partecipare con la soddisfazione del risultato alle granfondo. Dal momento che ho capito di poter essere molto competitivo nelle gare a cronometro e di poterle vincere, ho deciso di focalizzarmi su queste. Inoltre, con il mio lavoro e tre figli, mi manca un po’ di tempo per allenarmi per le granfondo. Così entrare nella top20 di una granfondo non è più uno dei miei obiettivi principali e utilizzo le granfondo solo per migliorare la mia condizione in vista delle gare a cronometro. E poi noi non abbiamo lunghe salite in Belgio, mentre i Paesi Bassi sono un ottimo luogo per preparare le gare a cronometro con le loro larghe strade piatte.
Raccontaci come hai preparato il record dell’ora e come hai vissuto quell’ora che mi permetto di definire mortale?
Per prima cosa ho cominciato a girare su pista, quella di Blaameersen a Gand, nel febbraio 2015. Fisiologicamente non ci sono grandi differenze nell’allenarsi per il record dell’ora e per una gara a cronometro di 40-50 km, ma bisogna acquisire esperienza sulla pista. La potenza che mantieni nell’arco dell’ora, non è costante per via delle curve continue, così ad ogni giro continui ad alternare 300 W-400 W-300 W e così via. Nel 2015 ho fatto qualche gara a crono in più e comunque qualche granfondo, ma soprattutto ho cominciato a girare su pista prima una volta a settimana, poi due volte ed infine tre volte a settimana, nelle ultime settimane prima del tentativo.
Hai intenzione di provare a migliorare il tuo record?
Sì e no, nel senso che ora sono nella categoria 40-44. Sicuramente ho intenzione di fare un nuovo tentativo e mi piacerebbe fare il record assoluto di tutte le categorie Master. Avrei già voluto provarci quest’anno, ma siccome vorrei realizzarlo in altura, sarebbe stato necessario avere un adattamento. La mia intenzione è di provare a fare il record a Aguascalientes, in Messico, o a Cochabamba, in Bolivia, a 2500 m di altitudine, dove è stata costruita una nuova e veloce pista. Vedremo il prossimo anno.
Pur vivendo in Belgio e avendo poche occasioni di venire in Italia, sei associato al Team De Rosa Santini fin dalla sua fondazione. Cosa apprezzi in questa squadra per continuare a farne parte?
Nel 2009 mi recai al Salone del Ciclo di Milano per incontrare Danilo De Rosa a chiedergli di far parte del suo Team De Rosa Granfondo. Lui accettò e così a partire dal 2010 ho iniziato a conoscere tutta la famiglia De Rosa, non solo le loro bici, ma tutto il loro ambiente. Ho avuto così occasione di incontrare Gianandrea e con lui abbiamo gareggiato in parecchie granfondo. Nel 2015, con la nascita del Team De Rosa Santini ho incontrato tutti gli altri membri storici, Olga, Paolo, Andrea, Yuri, Lorenzina e molti altri che non cito per motivi di spazio. Mi sono sempre sentito molto ben accolto in questo gruppo e così, anche se non posso essere in Italia molto spesso, sono veramente felice di farne parte.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi agonistici?
Sicuramente la prova a cronometro dell’imminente UCI World Master a Poznan in Polonia. Dopo tre quarti posti, mi auguro di salire finalmente sul podio. Comunque nel risultato finale bisogna anche considerare le varie categorie per fasce d’età. Lo scorso anno a Varese mi classificai quarto nella fascia d’età 40-44, con il decimo tempo assoluto, ben inferiore a quello fatto registrare dal vincitore della fascia d’età 35-39. Quindi occorre anche un po’ di fortuna.
Per il futuro un po’ più lontano mi piacerebbe vincere anche altre gare a cronometro e nel 2021 magari prendere parte alla Transalp e al Tour du Mont Blanc.
Hai qualche sogno particolare legato al mondo del ciclismo?
Onestamente sì. Nel mio secondo tentativo di record dell’ora mi piacerebbe coprire una distanza superiore a 51,151 km, con cui Francesco Moser stabilì il suo record a Città del Messico nel gennaio 1984. In altura so che una distanza di 50,5 – 51 km per me è possibile e so che posso migliorare nella tecnica e nell’aerodinamica. Così forse, nella giornata perfetta, nelle circostanze migliori…il tempo ce lo dirà.