26 luglio 2024, Corsico (Mi) – Le Olimpiadi sono certamente l’evento sportivo di maggiore importanza nella carriera di un atleta, ma sono anche una grandiosa vetrina pubblicitaria per lo sport. Parallelamente ai Giochi Olimpici si svolgono, dal 1960, i Giochi Paralimpici, dedicati agli atleti con disabilità fisiche, che, altrettanto, hanno un altissimo valore promozionale per l’attività sportiva dedicata ai diversamente abili, un’esperienza capace di migliorare la qualità di vita di ogni individuo, al pari dei normodotati, ma, ancora oggi, non sempre di facile realizzazione.
Eleonora Mele, quarantaquattrenne milanese, oggi residente a Genova, tesserata per il sodalizio corsichese Team De Rosa Santini, il prossimo mese coronerà il proprio sogno sportivo, volando a Parigi per prendere parte alle prove del paraciclismo, con i colori della nazionale azzurra.
L’esperienza di Eleonora è l’emblema della resilienza propria dello sport, con la partecipazione alle gare parigine che, indipendentemente dal risultato, è un indubbio successo per chi, a seguito di un incidente, ha visto ridimensionate le proprie possibilità motorie.
Conosciamo meglio il percorso che ha portato Eleonora a staccare un biglietto per Parigi.
Ciao Eleonora, come e quando è iniziata la tua esperienza nel paraciclismo?
Nel 2014 ho avuto un incidente in moto, sono stata investita da un’auto. La mia caviglia e la mia gamba erano messe male, ci sono stati giorni in cui ho pensato che non sarei tornata a camminare. La riabilitazione è stata lunga e faticosa e mi è rimasto comunque un deficit motorio. Nel mio percorso riabilitativo ho usato la bicicletta, poi mi sono appassionata a questo sport e mi sono avvicinata al paraciclismo su invito del mio compagno Alessandro, che comprendeva come non potessi pedalare al pari di un’atleta normodotata, per via del blocco articolare della caviglia e i problemi alla gamba, conseguenze dell’incidente. Alessandro allora si informò su come poter ottenere una valutazione clinica per essere classificata nelle categorie del paraciclismo: in pratica, in occasione di alcuni eventi, una commissione medica valuta il deficit motorio di un atleta, ed in base a questa visita può collocarlo in una categoria specifica prevista dai regolamenti sportivi. Io effettuai la visita di valutazione in occasione dei Campionati Italiani del 2018 e partecipai quindi alla prova in linea, vincendo il titolo nella mia categoria. Quel risultato mi aprì le porte della nazionale italiana di Paraciclismo.
Prima dell’attività paraciclistica, seguivi e praticavi già ciclismo?
No, non ho mai pedalato prima. Giocavo a Basket, ma trovavo interessante l’ambiente fixed, che nel periodo del mio incidente era particolarmente in voga. Alessandro era molto ben introdotto nell’ambiente fixed ed io quasi mi ci stavo avvicinando, confesso anche di aver avuto anche un colpo di fulmine per il Bike Polo.
Come ti ha aiutato lo sport dopo il tuo infortunio?
Lo sport e la bici mi hanno aiutato davvero tanto. L’approccio al ciclismo è stato, inizialmente, puramente riabilitativo. Ho iniziato a pedalare su una bicicletta a scatto fisso, modificata appositamente e brillantemente da Alessandro, montata su un rullo. Pedalavo in casa e, un colpo di pedale dopo l’altro, ritrovavo fiducia nei miei movimenti. Senza la bici sicuramente non avrei mai potuto arrivare sino a qui!
Come sono state le tue prime gara da paraciclista?
Se ripenso alle prime gare da paratleta, mi rivedo completamente come un pesce fuor d’acqua. Mi sentivo parecchio a disagio, avevo tanta insicurezza, dettata dall’inesperienza più totale. Cercavo di stare in gruppo ma senza alcuna tattica, andavo in corsa con l’idea di sopravvivere, ecco. Ma io non volevo mollare, volevo farcela, ed ero in continua ricerca di consigli ed indicazioni da parte di chiunque potesse insegnarmi qualcosa che potesse aiutarmi a migliorare. La voglia di vincere la mia sfida personale era comunque sempre più grande delle mie paure.
Quale rapporto si è instaurato con le altre atlete che hai incontrato alle gare?
Ho sempre avuto molta considerazione e rispetto delle mie avversarie. Ho conosciuto atlete incredibili, con molta più esperienza di me, maturata in competizioni ad alto livello nel settore paralimpico. In gara non mancano mai i sorrisi, o uno scambio di battute. Ci sono i complimenti sinceri, o magari a volte si può anche discutere, ma senza toni accesi. Ci si chiarisce e ci si abbraccia. Con alcune di loro sono in contatto e ogni tanto ci scriviamo, tramite i social. Ogni atleta che ho incontrato per me è un grande esempio da seguire. Sia di resilienza che di disciplina.
In generale hai ricevuto un giusto supporto e incoraggiamento per la tua attività sportiva, dagli amici, dagli altri atleti, dai dirigenti sportivi, dalla tua società, dallo staff della Nazionale e della Federazione Ciclistica Italiana? Pensi che bisognerebbe fare di più per rendere lo sport più accessibile anche ai diversamente abili?
Ho sempre ricevuto incoraggiamenti dagli amici, dagli altri atleti e dal mio team. Negli ultimi anni ho visto un grande sforzo della Federazione Ciclistica Italiana per adeguarsi al cambiamento dell’attività paralimpica che è in atto: il livello agonistico generale si è innalzato, e c’è stato un grande impegno, soprattutto a livello umano, per restare al passo dell’attività internazionale. Nella mia esperienza sportiva poi è stato fondamentale il supporto di Obiettivo 3, il progetto nato dalla volontà di Alex Zanardi e Daniela Manni, così come l’impegno di Pierpaolo Addesi, l’attuale Commissario Tecnico della Nazionale. Per rendere più fruibile lo sport ai diversamente abili serve tanta professionalità, servono le strutture ma soprattutto servono persone capaci di comprendere le necessità degli atleti. Servono dei riferimenti sicuri, ai quali gli atleti possano guardare. In questo senso, ad esempio, Obiettivo 3 è stato il mio faro. Oggi lo sport paralimpico è in crescita, ma fino a quattro o cinque anni fa era quasi un’attività sperimentale.
Com’è il mondo del paraciclismo oggi? Rispetto a quando hai iniziato, c’è stata un evoluzione, come sono oggi gli atleti, com’è il livello agonistico in questo ambiente?
Rispetto a qualche anno fa c’è stata una grandissima evoluzione, c’è molta più attenzione e gli atleti sono molto più performanti e preparati, all’estero alcuni sono anche professionisti. Il livello atletico è veramente alto ed altrettanto elevato è anche il livello dei materiali utilizzati, con una ricerca spasmodica del prodotto o del materiale migliore, né più né meno di quanto avvenga nello sport per i normodotati. I cambiamenti più marcati si sono avuti dal 2022 ad oggi.
Raccontaci il percorso che ti ha portato in nazionale e poi fino alle Paralimpiadi di Parigi 2024
Sono entrata in Nazionale nel 2018, appena dopo la mia vittoria nel Campionato Italiano. Da lì ho iniziato a crescere come atleta, gara per gara, esperienza dopo esperienza. Avrei dovuto partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo 2021, avevo fatto tanto per guadagnarmi un posto in nazionale, venni selezionata dal Commissario Tecnico dell’epoca ma poi non ci fu una wild card per me e non potei partecipare. Fu un momento difficile, volevo smettere di andare in bici. Però ho avuto vicino a me tante persone che mi hanno sostenuto e davvero in tanti mi han detto di non mollare. Il nuovo staff della nazionale credette subito in me e mi incoraggiò, dicendo che avevo le qualità per poter arrivare a Parigi 2024. Devo dire che avevano ragione. Nel 2022 ho gareggiato tanto, spesso anche molto lontano da casa, e sono riuscita ad ottenere la medaglia di bronzo nei Mondiali in Canada, nella prova a cronometro. Il 2023 invece è stato un anno difficile: subito a febbraio in seguito ad una caduta ho riportato un importante trauma alla clavicola destra. Appena il tempo di recuperare da questo infortunio che a maggio sono di nuovo caduta in gara e stavolta è stata interessata la clavicola sinistra, con una lesione ai legamenti. Ho saltato i Mondiali di Glasgow ed in pratica nel 2023 gare ne ho fatte poche, è stato un anno quasi di soli allenamenti. Nel 2024 sono tornata a correre più frequentemente, anche se inizialmente ho pagato un po’ l’anno precedente, praticamente senza gare. Ma mi sono impegnata al massimo e grazie a quanto mostrato nelle gare primaverili, non solo in termini di piazzamenti ma soprattutto per la disponibilità a lavorare per la squadra, ho ottenuto la fiducia del CT della Nazionale, ed eccomi qui, pronta a dare il meglio nella competizione più importante di tutte.
A quali gare parteciperai a Parigi? Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Parteciperò certamente alla prova a cronometro e a quella su strada. Vedremo anche per la pista ma scioglieremo la riserva più avanti. Per me la convocazione olimpica è già una grandiosa vittoria, voglio godermi quella che per me è prima di tutto una grande esperienza di vita. Voglio dare il massimo, cercherò di mettere in pratica quello che ho imparato, ci ho messo l’anima per arrivare qui nel migliore dei modi. Sono consapevole che c’è un altissimo livello e tutte le atlete sono fortissime e bravissime, d’altronde se così non fosse non sarebbe un’Olimpiade.
Dopo le Paralimpiadi quali saranno i tuoi obiettivi?
Le Paralimpiadi segnano un confine, nella vita di ogni atleta. L’obiettivo più prossimo dopo Parigi sono i mondiali a Zurigo, a settembre. Poi vedremo il da farsi per la stagione seguente ma per ora il mio pensiero resta concentrato sull’appuntamento francese.
Che cosa diresti ad una persona che in seguito ad un infortunio o di fronte ad una disabilità volesse praticare sport?
Sai, mi capita spesso di incontrare persone con disabilità e io non posso fare a meno di invitarle a conoscere il mondo dello sport paralimpico, facendo loro capire l’importanza di rimettersi in gioco, praticando un’attività sportiva. Lo sport è bellissimo e la disabilità non dovrebbe essere un ostacolo, perché lo sport ci dà tanti vantaggi, sia mentali che fisici, ed è in grado di migliorare la nostra vita ed ogni nostra situazione.
Grazie Eleonora, noi tutti faremo il tifo per te!